Lettera per Sergio Castellitto

Lettera aperta di Giusi Russo a Sergio Castellitto
“Premio letterario Mario Luzi-romanzo”

mercoledì 13 settembre 2017,

Buongiorno Sergio Castellitto,
mi chiamo Giusi Russo. Sono un'insegnante di italiano e latino e una scrittrice in esordio. Con la mia opera prima, il romanzo intitolato CHILOMETRO 9, ho vinto il Premio letterario Internazionale Mario Luzi 2016 e ora, a settembre, sono risultata finalista al concorso "Un libro per il cinema", nell'ambito della rassegna letteraria Cinema&libri.Ti scrivo perchè è mio fermo convincimento che CHILOMETRO 9 abbia tutte le caratteristiche per diventare un film. Se così è, sarei felice, di più, onorata se fossi tu alla regia. Ti invio, di seguito, la sinossi dell'opera.
Grazie per l'ascolto. :-)
Un caro, ammirato saluto
Giusi Russo


CHILOMETRO 9 - Sinossi

Salvina. Una donna di ottantasei anni. Un ictus che la condanna ad una paralisi permanente e che la priva della sua lucidità ragionativa. Il ritorno a casa dopo giorni di degenza ospedaliera. Con lei la figlia quasi cinquantenne, arresa dinanzi a una evidenza che esige solo di essere accettata: sua madre non potrà più riconoscerla. Due identità frantumate. Una relazione attraversata da irrisolte conflittualità che ora, e solo ora, nello spazio bianco della non riconoscibilità, può attingere nuovo senso. Da qui, da questa intuizione prende l’avvio il romanzo. Intuizione e urgenza di una figlia, venuta al mondo tardi, ultima di una lunga catena di parti, che decide di ripercorrere, come dentro un cerchio salvifico, l’esistenza di sua madre. Dall’infanzia, incisa negli anni difficili della prima guerra, alla sua stessa nascita nel 1962. Sarà il compimento di una trasfusione insperata. “Ti do la mia voce”, le dice in apertura. Così, tra recupero memoriale e sguardo costante sul presente, in uno scambio dialogico privato della parola rivelatrice di Salvina, ha inizio il racconto della sua lunga storia. Storia di abbandoni. Del padre, un contadino di Villarosa, un piccolo paese siciliano, che la lascia orfana a sei anni. Della madre, costretta dalla povertà, a farle vivere gli anni della adolescenza nella clausura di un anonimo collegio. Poi la svolta. Vent’anni e un matrimonio combinato con un ferroviere dello stesso paese, Giacomo. Una scelta definitiva, senza amore. E la decisione di fondo, tutta interiore, un patto con se stessa: la maternità sarà il suo riscatto. Fin qui la storia di Salvina procede al pari di un volo. Con la nascita del primo figlio, Angelino, la fabula si arricchisce di particolari, e il focus si fa più ravvicinato. Ancora storia di abbandoni nella cornice, questa volta, del casello ferroviario di Santa Caterina. A dieci mesi Angelino muore di polmonite. Due anni dopo un altro figlio, una bambina di nome Angela, della stessa età, come in una beffarda duplicazione del destino, la lascerà, colpita da difterite. Un incontro non previsto innerverà di nuova linfa, da questo momento, la quotidiana esistenza di Salvina. Una ragazza, Mariuccia, con la sua sfrontata esuberanza, riempirà molti dei suoi giorni. Sarà lei a insegnarle a leggere e a scrivere. Ribelle e fragile, a un tempo, Mariuccia riesce a calamitare la cura e l’affetto di Salvina, al pari di una figlia. Dura poco. Si perdono di vista. È la guerra e l’inizio di una erranza che diventerà cifra fondante della vita di Salvina. Un peregrinare segnato dalla nascita di altri figli. Mariuccia muore. Vinta dalla solitudine, un pomeriggio si lancia nel binario attraversato da un treno in corsa. Salvina verrà a saperlo e sarà, ancora una volta, sperdimento. A Bivona, anni dopo, riscaldata dall’amore dei figli, sembra rinascere. Uno in particolare, Stefano, finisce col diventare il suo ubi consistam. Umbratile ed estroverso, a otto anni rivela una straordinaria sensibilità nei confronti della madre. Su sua sollecitazione inizierà a scrivere un diario personale, segreto a tutti tranne che a lui. È l’inizio di una complicità silente quanto costante. A Bivona Stefano diventa amico del conte Bellasperanza, da tutti ritenuto pazzo. Bizzarro nei modi e nel dire, tanto tempo prima aveva perduto un figlio della stessa età di Stefano e col suo stesso nome. Tra i due si stabilisce un’intesa fuori dal comune. Uomo dotto, il conte farà, a suo modo, scuola a Stefano. Un tempo breve e quest’ultimo sarà, irrimediabilmente, colpito dal tifo. È sgretolamento totale. Poi l’approdo a Ficarazzi, al chilometro 9. Mentre il rapporto con Giacomo lentamente si incrina, balsamo sulle ferite saranno, ancora una volta, i figli. Quelli già cresciuti e quelli che nasceranno al chilometro 9. Vaso accogliente dei suoi incoercibili sfoghi sarà, invece, un prete stravagante che tutti chiamano il Vitellaro. Ma quando la sua esistenza sembra essersi ricomposta, un nuovo affondo la riconduce nello spazio scorticato del dolore. Una domenica Michelino, di venti mesi, raggiunge la linea ferrata e un treno merci lo colpisce a morte, trascinandolo per un lungo tratto. Sarà Salvina stessa, con in grembo un altro figlio, a trovarlo. E’ la fine di ogni possibile riscatto. Tutto intorno a lei diventa desolazione. Desolazione è il rapporto con Giacomo. Spento ogni residuo dialogo, dissipata l’ultima, sfilacciata parvenza di intimità. E desolazione sarà anche la nascita, mesi dopo, di quella figlia, testimone invisibile della recente devastazione: Silvana, amata e rifiutata. Infine la scoperta di una nuova gravidanza. La vita che ancora si immerge nelle insenature di un’anima stanca. È un no questa volta. Ha quarantasette anni e, dentro di sé, la decisione irrevocabile di abortire. Ma quando ogni cosa intorno a lei è pronta, ha un ripensamento. Quel figlio dovrà nascere. Quel figlio nascerà nel 1962, al chilometro 9. Sarà una femmina, la stessa che le darà la sua voce per scrivere il romanzo della sua vita.

Autore: Giusi Russo

Lettera per Sergio Castellitto. Lettera 9.

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