Lettera per Paolo Sorrentino

Lettera aperta di Leonardo Viola a Paolo Sorrentino
“Sos”

domenica 23 luglio 2017,

Ciao Paolo,
scusami i toni amichevoli, ma dopo aver letto tutte le tue interviste, i tuoi libri e visto tutti i tuoi film, mi sembra quasi d’esser un tuo amico, o almeno mi piace pensare di scriverti come se scrivessi ad un amico.
Mi chiamo Leonardo Viola, ho 23 anni e vengo da un piccolo paesino dimenticato da Dio in provincia di Mantova. Nel pieno della pianura padana, dove nulla è mai all’estremo, il freddo, il caldo, i terremoti e le persone.
Da quattro anni vivo a Milano, dove studio ingegneria Biomedica. Il nome fa più paura di quello che è.
Sono a tre esami dalla laurea, e davvero non ne posso più. Sono arrivato al punto, penso, di mollare tutto e ci ho pensato mille volte davvero, ma voglio finire questo percorso e poi però buttarmi in una cosa che sento dentro visceralmente.
Ho avuto le mie soddisfazioni in questo percorso e però fin troppe bastonate. Ma per una serie infinita di cose ho continuato.
Magari ho fatto così fatica perché in fondo sapevo che non era quello che volevo fare realmente.
Sono sempre stato bravo in matematica e fisica, mi piaceva la medicina, e avevo trovato qui dentro un buon compromesso. Ma cosa cazzo può saperne di quello che gli piace davvero un ragazzo di vent’anni che viene da un paese di 6000 anime?
A fine Agosto presenterò un robot che abbiamo costruito a Lisbona, ad grossa conferenza sulla disabilità. Il robot che abbiamo fatto è appunto per ragazzi autistici. E’ stato un percorso davvero molto bello, molto sentito, ma forse non abbastanza.
Forse però, senza forse, mi sono legato talmente tanto alla tua storia che ho sentito dei tasselli in comune con il tuo percorso, solo alcuni ovviamente, ma quelli che contano davvero. Mii sono sentito talmente vicino, e tirato in causa, coccolato, da tutto quello che hai fatto e visto e scritto e girato. Ecco perché oggi sono qui a scriverti.
E ti chiederai “cosa vuole da me questo mister nessuno?”
Ti scrivo perché sono arrivato al giro di boa.
Quello che voglio fare io non è lavorare con i numeri, con le cellule. Io voglio scrivere. E con lo scrivere far passare alle persone qualcosa. Voglio distrarli, non farli invecchiare. Voglio renderli lievi.
Penso di aver scritto molto, cioè almeno, molto per uno della mia età.
Sopratutto poesie, brevi racconti, di vita vissuta, di vita non vissuta. Che poi parlo della vita e sono qui a scrivere a te che non so nemmeno dove mettere le mani.
Ho scritto un paio di libri di poesia, e brevi racconti.
Il primo si chiama “Storie di codardo”, ed è stata una cosa macchinosa, lunga, lasciato lì qualche anno, preso in mano perso e ritrovato.
Il secondo si chiama “Biancaluna”. Questo invece è stato scritto di getto, di rabbia, d’amore, per una ragazza che mi ha lasciato perché partiva per due anni (Anche lei tua grandissima fan, ma io di più).
L’ho scritto di notte, in tre settimane, quando non dormivo e l’unico modo per calmarmi era sputare fuori qualcosa.
E fare del casino con le parole, comporle e vedere in mano tutto quello che era rimasto.
Forse davvero come dicevi te “la tempesta in un bicchiere”, noi italiani siamo bravi a farlo.
Verrà pubblicato questo libro, Biancaluna dico, da una piccola e minore casa editrice. Mi piacerebbe farteli leggere, magari però non te ne frega nulla.
Io non voglio fare quello che sto facendo, non ci penso lontanamente a diventare un triste ingegnere per tutto la vita.
Voglio scrivere sceneggiature, libri e fare film.
Non so cosa significhi nessuna di queste tre cose, non ne ho idea, ma sono uno che impara davvero in fretta.
Davvero in fretta. Sono uno che se deve mettere la testa nella fanghiglia per poi vedere il sole, lo fa.
In una intervista dicevi “Non voglio riprendere il disordine dei motorini”. Non lo voglio fare nemmeno io, zero, non voglio.
Prendendo i motorini e travisandoli nella mia vita, non voglio irrigidirmi, voglio restare fluido e smetterla di fare cose che non voglio fare.
Ti assicuro che ci ho pensato tantissimo a mandarti questa mail, se mai ti arriverà.
Io la invierò a qualsiasi persona che abbia un minimo contatto con te, sperando che prima o poi ti arrivi.
Ci ho pensato tanto, in questi anni, alle mie scelte, ponderando tutto. Ci ho pensato nei cammini che ho fatto le estati a piedi. Prima il cammino di Santigo e l’anno scorso la via Francigena, dal Gran Samberndardo a Roma. Forse l’unico modo che ho davvero per pensare, senza social, telefoni, e tutto quello che è la mia vita.
Ci ho pensato tanto, e questa cosa davvero viene dai miei piedi, dallo stomaco, prima che dalla mia testa.
Quella mi direbbe di fare l’ingegnere tutta la vita, trovare un bel posto di lavoro e stare triste e infelice tutta la vita. Non voglio farlo.
Vorrei lavorare con te Paolo. So benissimo che non ho esperienza, zero, di zero.
Vorrei solo seguirti, e prendere quintali di appunti, e imparare, imparare e imparare. E basta.
Starei zitto e muto in un angolo a osservare.
Quello sono molto bravo a farlo, tenere i dettagli, prenderli e scriverli tutti nel mio diario. Non perdere nulla.

Spero con il mio cuore intero che questa mail ti arrivi da qualche buona anima, perché c’è tutto me stesso, i miei sogni, la mia vita.
Con profonda stima, ma così profonda che il fondo non lo vedi, e amicizia,
Leonardo.


Autore: Leonardo Viola

Lettera per Paolo Sorrentino. Lettera 64.

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